Voci sul futuro della manifattura: Daniele Cevola di OCore
In questa serie di domande e risposte, Redshift dialoga con leader, innovatori e imprenditori che incarnano il futuro nel mondo della progettazione e della produzione. Questa edizione di “Voci sul futuro della manifattura” incontra Daniele Cevola, cofondatore, insieme a Francesco Belvisi e Mariga Perlongo, di OCore, la start-up che produce la prima barca realizzata interamente in produzione additiva.
Qui le considerazioni di Daniele Cevola sullo stato dell’arte della tecnologia, sui suoi sviluppi e su come questa influenzerà sempre di più il lavoro dell’intera filiera. E i motivi per cui pensa che il futuro sarà semplicemente entusiasmante.
Come vedi la tecnologia e l’innovazione che guidano il futuro del comparto della nautica?
Abbiamo iniziato a confrontarci con l’additive manufacturing per la realizzazione di alcuni particolari di una barca concept, ispirata a uno scafo della tradizione dell’Isola di Pantelleria. Lì è nata l’idea di sviluppare un processo costruttivo con la nostra società che si chiama OCore.
Nel mondo della nautica la produzione additiva rappresenta un passaggio fra passato e futuro, con il vantaggio di conseguire risparmi significativi sia in termini di tempo sia in materia di ricaduta ambientale. Questa tecnologia si sta rapidamente affermando non solo come modalità di produzione di particolari importanti, ma anche come processo che consente di affrontare la realizzazione di progetti di grandi dimensioni.
Nel caso di OCore la costruzione di una barca da regata in produzione additiva ha comportato un modo nuovo di approcciare l’argomento progettazione, a cominciare dalla produzione dello stampo e poi dell’intera barca. Un altro aspetto altrettanto rilevante riguarda la riciclabilità di tutto quello che viene utilizzato per fabbricare lo scafo. Significa risparmio di costi, di tempo e soprattutto un impatto ambientale molto più basso, ma anche la possibilità di ottenere oggetti originali a un costo accettabile.
Come questo processo innovativo ha coinvolto la tua azienda?
Il processo è nato in azienda. OCore infatti è una start-up nata proprio per favorire l’avvicinamento della produzione additiva dell’intera barca al comparto nautico. Ciò ha comportato la nascita di una tecnologia per certi versi del tutto nuova e ancora da affinare. Siamo solo all’inizio, ma vedo spazi davvero immensi di crescita tecnologica. Ad esempio, stiamo lavorando alla gestione delle geometrie delle strutture per cercare di operare in maniera ancora più precisa, riducendo ulteriormente quei tempi che in alcuni passaggi non sono ancora ottimizzati. L’obiettivo è di automatizzare l’intero processo.
Come è cambiata o evoluta la tua azienda da quando hai iniziato?
Da noi il cambiamento è quotidiano. Nasciamo progettisti di barche e ci stiamo trasformando anche in sviluppatori di tecnologia produttiva. Nel nostro caso abbiamo dovuto lavorare sui materiali da utilizzare e anche sui cicli produttivi. Abbiamo sviluppato un processo per la deposizione attraverso un robot. Per noi una cosa del tutto nuova, ma assolutamente coinvolgente. Oggi siamo molto più ricchi sotto l’aspetto della conoscenza e questo ci apre strade impensabili. In Italia non è facile ottenere un supporto economico all’ innovazione e abbiamo investito in prima persona. Ad aiutarci e indicarci che eravamo sulla strada giusta è stata l’aggiudicazione del Premio Nazionale dell’Innovazione in due categorie (Premio Nazionale e Industrial) che ci ha permesso di entrare in contatto con investitori, con i quali dialoghiamo costantemente, per sviluppare la nostra proposta e proseguire nella ricerca.
Quale strumento, tecnologia o altra innovazione ha avuto un impatto così forte sul vostro settore?
Si tratta di una domanda molto importante per chiarire il tipo di progresso che stiamo vivendo. Penso che sia davvero una rivoluzione totale. L’unico parallelo possibile che mi viene in mente è il passaggio dal tecnigrafo al computer per fare i calcoli e progettare. C’è un mondo prima e un mondo dopo. La stessa cosa vale per la fabbricazione di barche in produzione additiva: si sta aprendo una strada che alla fine sarà altrettanto dirompente.
In che modo questa tecnologia influenzerà il futuro del lavoro nel settore nautico?
Già oggi il nostro lavoro è fortemente influenzato dal passaggio alla produzione additiva e dall’uso degli strumenti di progettazione che lo guidano. In futuro i cambiamenti saranno ancora più grandi: mi riferisco ad esempio al design generativo, che rivoluzionerà il modo di intendere anche la struttura stessa della barca. Non è un modo di dire: è assolutamente vero che il limite non sarà più negli strumenti, quanto piuttosto nella fantasia creativa di ciascuno di noi.
L’industrializzazione attraverso la robotica, e nel caso specifico la produzione additiva di qualità e con caratteristiche importanti come quella proposta da noi e da altri, rappresenta sicuramente una rivoluzione nell’intero processo realizzativo. E l’apporto di Autodesk con i software di design generativo ne è un esempio lampante. Il design generativo aiuta a ottimizzare la tecnologia della produzione additiva.
Quali tipi di posti di lavoro verranno creati, che non esistono oggi?
Quando è nato il computer si è detto e ripetuto che avrebbe tolto posti di lavoro. Invece così non è stato: si è creato un modo migliore di lavorare proprio grazie al computer. La stessa cosa si dice oggi in merito ai robot, all’automazione e all’industria 4.0. Sicuramente cambieranno le figure professionali richieste: ci vorranno persone sempre più specializzate e con competenze di alto livello, ma l’innovazione tecnologica non si può fermare. Alla fine nasceranno nuove figure professionali. A nuove tecnologie corrispondono nuove questioni e quindi nuove risposte.
Alla luce di tutto questo, cosa prevedi per il futuro del tuo settore nei prossimi 25, 50 o 100 anni?
Quando si redige un business plan ci si prefigge una missione e una visione. Quando si è iniziato a parlare di produzione additiva con la prototipazione rapida ci si rivolgeva a oggetti di piccole dimensioni. Piano piano l’applicazione additiva sta portando e porterà a piccole produzioni, che ovviamente oggi comportano ancora costi elevati. Per noi il futuro è una produzione totalmente “custom-made”. Il cliente potrà scegliere un prodotto e personalizzarlo in base alle proprie esigenze e l’azienda produttrice sarà in grado di identificare e delineare le priorità costruttive, grazie alla tecnologia delle macchine, fino a raggiungere un’autonomia di produzione che porterà l’operatore a ricoprire un ruolo di supervisore del processo realizzativo. Tutto ciò comporterà un abbassamento dei costi. Si democratizzerà un processo che oggi è solo per una élite però, come spesso accade per le innovazioni, la ricaduta sarà non più per pochi ma per molti. Il lavoro che stiamo facendo oggi sarà alla portata di tutti fra dieci, quindici o vent’anni. A quel punto ci saranno nuovi orizzonti da esplorare e da rendere accessibili.
Quali sfide prevedi che il tuo settore si troverà ad affrontare in quel periodo di tempo?
Sarà una sfida culturale oltre che tecnologica. A cambiare totalmente sarà il modo di progettare un oggetto. Non ci saranno più longheroni e madieri su una barca, ma ci saranno ramificazioni organiche che si svilupperanno sulla carena, sulla coperta dell’imbarcazione per conferire leggerezza e resistenza crescenti. La sfida è rivoluzionare il modo di pensare gli oggetti.
Cosa ti rende più entusiasta del progresso della tecnologia e/o del futuro del fare?
Sicuramente avere tanta libertà progettuale perché posso realizzare tutto ciò che mi viene in mente. So che potrebbe sembrare un ossimoro, ma non lo è perché supereremo i limiti che abitudini e convenzioni ci hanno dato nel tempo. E questo non potrà che essere fantastico, uno stimolo costante. Potremo finalmente prendere spunto e ispirazione dalla natura che è senza ombra di dubbio il miglior laboratorio che si possa immaginare. Quando studiavo Industrial Design e dovevo realizzare un disegno, andavo in copisteria e guardavo con gioia il disegno prendere forma man mano che usciva dal plotter. Oggi questo accade con un robot che stampa una barca. È un’emozione grandissima e professionalmente è impagabile.