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Come un incubatore tecnologico universitario prepara gli studenti a un futuro automatizzato

tech incubator Kaplan Institute

Kislay Bhagat, studente di ingegneria del quarto anno, in piedi con tre compagni di classe sul podio del nuovo Ed Kaplan Family Institute per l’innovazione e l’imprenditorialità tecnologica dell’Illinois Institute of Technology, gesticola alla finestra mentre controlla il suo telefono Android. Qualche secondo dopo, un hovercraft omnidirezionale, che sembra uno slittino rotondo per bambini, si solleva da terra e scivola dolcemente, fluttuando a pochi centimetri da un marciapiede.

Il team di Bhagat ha costruito questo hovercraft nell’ambito di un Progetto Interprofessionale (IPRO) di una classe di robotica che si riunisce in un nuovo edificio di poco più di 6.500 metri quadrati, simile a una nuvola, progettato dallo studio John Ronan Architects. Il Kaplan Institute, una versione leggera e interstellare dell’architettura che caratterizza il campus che lo circonda, progettato da Mies van der Rohe, è il primo nuovo blocco di aule costruito all’interno della scuola in 40 anni.

Il Kaplan Institute è una sorta di incubatore che prepara gli studenti ai lavori del futuro, guidati dall’accelerazione dell’innovazione, dall’incremento dell’automazione e dalle competenze necessarie alle nuove professioni per una collaborazione multidisciplinare. È una specie di cartina al tornasole per ciò che John Ronan, dirigente dell’omonimo istituto, definisce una visione del “futuro dell’istruzione superiore”.

Il programma IPRO, da poco approdato al Kaplan Institute, offre agli studenti universitari un’esperienza di progettazione collaborativa che, a detta del professore universitario e direttore esecutivo del KI Howard Tullman, potrebbe fare la differenza nella ricerca di un posto di lavoro. Questa logica anticipa un mondo che si sta muovendo rapidamente verso una maggiore automazione e digitalizzazione e che farà scomparire altri tipi di lavoro. “L’automazione è spaventosa”, afferma Tullman. “Quando potremo trasformare un compito in un insieme di regole o istruzioni, certi lavori spariranno”.

Imprenditore seriale ed ex AD dell’incubatore di startup digitale 1871 di Chicago, Tullman non è certo un luddista. Nel suo ufficio, due robot dalle linee curve oziano in un angolo (possono riconoscere Tullman dal viso e salutare) e la faccia di David Bowie emerge da un pastiche espressionista dietro la scrivania. Nel corso del suo incarico in 1871, Tullman è riuscito a corteggiare centinaia di aziende tecnologiche nel distretto commerciale di Chicago, osservando la considerevole crescita del settore tecnologico della città avvenuta dal 2012 al 2018, ed ha portato 1871 alla sua attuale posizione di principale incubatore al mondo collegato a un’università.

Secondo lui, i benefici economici e ambientali propagandati dai sostenitori dell’automazione (dal progresso della telemedicina alla realizzazione di veicoli autonomi) richiedono un cambiamento nella formazione degli studenti, basato sulle richieste del mondo del lavoro, che il sistema educativo degli Stati Uniti non ha ancora affrontato. “A partire dal liceo, esiste una carenza nell’istruzione; si fa troppo affidamento sulle capacità quantitative e misurabili “, afferma. “Quelle non sono le capacità del futuro. Perché memorizzare qualcosa quando si può trovare su Google?”

Uno degli spazi collaborativi del Kaplan Institute. Per gentile concessione di Jeff Link

Parallelamente alla comparsa di vari incubatori di startup digitali simili a 1871, finalizzati allo sviluppo di nuovi prodotti e servizi, il mercato del lavoro è cambiato. I datori di lavoro non sono più alla ricerca di candidati con una conoscenza nozionistica enciclopedica, ma di studenti con esperienza di progettazione reale e competenze generiche trasferibili. Tra queste, potremmo includere l’etica e il codice di condotta sociale necessari a lavorare in team, la mentalità imprenditoriale per vendere un’idea alle parti interessate o ai finanziatori e la pratica di laboratorio utile a progettare prototipi e modelli. Il Kaplan Institute cerca di coltivare competenze di questo tipo.

Tullman afferma che l’istituto ha ottenuto sponsorizzazioni private da numerose aziende leader e che possiede tutte le caratteristiche per connettersi con il crescente settore tecnologico di Chicago, che desidera fortemente diversificare il proprio pool di talenti. “Crediamo in un modello che attiri qui le aziende per far lavorare gruppi di studenti sui loro progetti e poi scegliere i tre che se la sono cavata meglio e fare loro delle proposte”, spiega. “È una vera e propria pipeline dati. Qualcuno nel giro sostiene che non si possano ottenere talenti tecnici diversificati. Noi rispondiamo: «Ecco un decino, prendi l’autobus per il South Side e vieni e vedere all’IIT»”.

Dal punto di vista architettonico, l’edificio Kaplan è, per molti versi, la concretizzazione della missione dell’istituto, cioè preparare gli studenti alle professioni del futuro. Avvolto in un materiale a base di ETFE (etilene tetrafluoroetilene) parzialmente oscurato e con un ingombro maggiore rispetto al primo livello, il secondo piano dell’edificio sembra librarsi senza peso sul terreno. L’interno è leggero e arioso, con ampi corridoi interamente bianchi che si affacciano su salottini, sale conferenze, aree di esposizione, studi di progettazione, laboratori di prova, laboratori di produzione, una cucina comune e un bar.

tech incubator kaplan institute workstations
Una fila di postazioni di lavoro all’interno del Kaplan Institute. Per gentile concessione di Jeff Link.

“Lo descriverei come un erede di ciò che Mies chiamava architettura pelle e ossa”, dice Ronan. “Abbiamo ripreso alcuni elementi dell’era Mies, per esempio l’uso dell’acciaio e la pianta a scacchiera di 24 piedi su cui ha progettato il campus. Ma volevo che l’edificio guardasse al futuro; un edificio simile a una nuvola che facesse sembrare il Crown Hall [il vicino edificio simbolo del campus] pesante al suo confronto”.

Il primo piano è progettato per gli studenti universitari dell’IIT, che devono necessariamente ottenere sei ore di credito nell’edificio. Il secondo piano ospita l’Institute of Design, una scuola di design post laurea avviata da Laszlo Moholy-Nagy.

La visione della scuola di Moholy-Nagy, ispirata alla Bauhaus, che voleva unificare l’arte e il design industriale, si respira in tutto l’edificio. In realtà, la struttura fisica è una tela per creare e perfezionare idee: equazioni, schizzi e flussi di lavoro sono scarabocchiati sui muri, che fungono da enormi lavagne cancellabili. Altre lavagne portatili, inoltre, consentono il libero movimento del lavoro e delle idee. Nelle sale Janet & Craig Duchossois Idea Shop e Grainger Maker Space, gli studenti progettano e creano modelli con l’ausilio di stampanti 3D, router e frese CNC, taglierine laser, seghe a nastro, banchi di lavoro elettronici, oscilloscopi e software Autodesk Revit e Inventor.

tech incubator students collaborate dry erase wall
Gli studenti del KI collaborano su muri cancellabili. Per gentile concessione di Jeff Link.

Il Kaplan Institute ha aperto a fine ottobre 2018; resta da vedere che sorte avranno gli studenti entro le mura dell’istituto e dopo la laurea. Tullman riconosce che altri incubatori tecnologici universitari, benché ben intenzionati, non abbiano sempre mantenuto fede alle loro promesse. “La maggior parte di essi non ha avuto particolare successo perché non offrono molti stimoli”, dice. “I professori lavorano con una rete di protezione, le università non sono propense a correre rischi e non dispongono di procedure ben definite per la monetizzazione, o la commercializzazione, delle idee”, dice.

Tullman si augura che il Kaplan Institute possa essere diverso, proprio come l’automazione, che renderà le professioni del futuro molto diverse da quelle attuali. “Guarda, questo paese da vent’anni ha snobbato le competenze professionali, però un meccanico, che in futuro non si sporcherà più le mani ma lavorerà con un software di diagnostica, avrà molte più possibilità di uno studente della facoltà di lettere, che sarà un probabile disoccupato”.

Informazioni sull'autore

Jeff Link è un giornalista pluripremiato che si occupa di design, tecnologia e ambiente. I suoi articoli sono apparsi su Wired, Fast Company, Architect e Dwell.

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