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In Giappone è partita la corsa per realizzare un ascensore spaziale con l’open innovation

japan space elevator

Dalle missioni lunari Apollo degli anni Sessanta, solo poco più di 500 astronauti hanno raggiunto la ragguardevole altezza di 100 chilometri nello spazio. Ma da quest’anno, con l’avvento del turismo spaziale commerciale di Virgin Galactic, molte più persone – anche non astronauti – potranno vedere la Terra dallo spazio. Ci si attende che Blue Origin, un’azienda di prodotti aerospaziali e di servizi per i viaggi nello spazio, avviata dal fondatore di Amazon Jeff Bezos, inizi a vendere biglietti per viaggi spaziali entro quest’anno.

Un costoso biglietto garantirà di godersi il panorama dallo spazio ma, una volta arrivati in alto, l’esperienza a gravità zero durerà solo pochi minuti. Quando verrà il momento in cui tutti potranno provare l’esperienza dell’assenza di peso per lunghe ore e senza bisogno di addestramento? In Giappone, i ricercatori stanno lavorando su un “ascensore spaziale” per rendere possibile questo viaggio riducendo al minimo i costi e l’impatto ambientale, diversamente dai razzi tradizionali che consumano grandi quantità di carburante.

L’ascensore spaziale è un veicolo elettrico chiamato “climber” (ossia “scalatore”), che sale e scende lungo un cavo sottile teso tra la Terra e un satellite in orbita stazionaria, usando un altro cavo esterno per bilanciare la forza centrifuga. La lunghezza totale del cavo raggiunge i 100.000 chilometri.

Prima del 1991, al di là della finzione cinematografica, non esistevano materiali sufficientemente resistenti per realizzare un cavo del genere, finché il fisico Sumio Iijima ha scoperto il meccanismo dei nanotubi di carbonio, un materiale sufficientemente leggero e con la resistenza teorica adatta per farlo. Nel 2012, la Obayashi Corporation ha annunciato il suo Piano di costruzione dell’ascensore spaziale, per collegare la Terra e lo spazio entro il 2050.

Un’esperienza pilota: lo sviluppo di un Raptor di precisione

Per ispirare i giovani scienziati e promuovere l’idea di un ascensore spaziale, presso l’Università tecnica di Monaco di Baviera, in Germania, nel 2011, 2012, 2016 e 2018 ha avuto luogo una competizione chiamata EUSPEC (European Space Elevator Challenge, ossia Competizione europea per un ascensore spaziale). Il team Raptor dell’Università Nihon, che ha partecipato a tutte e quattro le competizioni, è formato da Kaishu Koike e Naoki Arakawa, entrambi studenti del quarto anno di università e membri del Laboratorio Aoki, guidato da Yoshio Aoki, professore del Dipartimento di Ingegneria meccanica di precisione dell’Università Nihon, Facoltà di Scienza e tecnologia.

Il team Raptor: Kaishu Koike (a sinistra; progetto del circuito di controllo, programmazione) e Naoki Arakawa (ingegneria meccanica). Per gentile concessione del Team Raptor.
 
Yoshio Aoki del Dipartimento di Ingegneria meccanica di precisione dell’Università Nihon, Facoltà di Scienza e tecnologia. Per gentile concessione di Yoshio Aoki.

Il gruppo di lavoro ha lavorato su calcoli di resistenza e durevolezza e sulla sicurezza nella costruzione delle strutture meccaniche, oltre che nella promozione attiva della ricerca nel settore degli ascensori spaziali. Nella competizione del 2018, il Team Raptor si è aggiudicato la vittoria assoluta nella Classe avanzata, ricevendo premi di categoria per sicurezza, qualità della costruzione e innovazione. Ogni team ha sviluppato un climber di cui sono state valutate velocità, efficienza e accuratezza.

Per costruire il climber, il gruppo di lavoro ha modellato le parti usando software CAD per poi assemblarle e regolarle man mano. “Abbiamo costruito un telaio attorno al motore principale, posizionato il motore considerando il metodo di trasmissione, modellato e inserito una ruota dentata e una coppia conica,” spiega Koike. “Abbiamo deciso di scegliere la forma dopo aver assemblato le parti più grandi per poi muoverci verso quelle più piccole”.

L’idea chiave per mantenere la velocità con gli otto payload massimi di 1,1 chilogrammi ciascuno era di tenere il più leggero possibile il peso del climber stesso, usando una macchina CNC a tre assi per la lavorazione. “Con un approccio alveolare, il telaio principale è stato scavato il più possibile e siamo stati in grado di alleggerire il peso di circa il 60 per cento, mantenendo una rigidità sufficiente e un bell’aspetto”, prosegue Koike.

L’esterno del Raptor, renderizzato con Fusion 360 di Autodesk. Per gentile concessione del Team Raptor.
L’immagine renderizzata del Raptor con una trasparenza che permette di vedere la sua struttura interna alveolare. Per gentile concessione del Team Raptor.
 
I tappi terminali del Raptor, stampati in 3D, sono stati ispirati dal radome (protezione per radar) di un aereo.

In questa competizione erano valutati quattro parametri: numero di payload, velocità, accuratezza nella salita a un’altezza predeterminata (oltre alla discesa in sicurezza) e minor uso possibile di energia. “Le fusoliere erano complete solo a metà e arrivare a un progetto che fosse in grado di soddisfare tutti e quattro i punti sopraelencati è stato alquanto difficile”, dice Aoki.

Il gruppo di lavoro “ha progettato il Raptor a tappe alquanto ravvicinate, conducendo nel contempo delle simulazioni”, spiega Aoki. Ha raggiunto la velocità massima di 110 chilometri all’ora e anche quando è stato usato il peso massimo, il Raptor ha mantenuto la velocità e l’efficienza del meccanismo di frenata. “Soprattutto, credo che l’aver adempiuto il difficile compito di fermarsi esattamente a 100 metri con la tecnologia di controllo sia stato davvero un bel risultato”, dice.

Quando il Team Raptor ha eseguito il test di funzionamento, nel primo progetto il rapporto di riduzione della velocità non era sufficiente e non è stato possibile sollevare otto payload. Così, il gruppo di lavoro ha effettuato delle modifiche appena prima della competizione, rifilando nuovamente il telaio e rifacendo l’ingranaggio. Progetto e CAM sono stati combinati con Fusion 360 di Autodesk; man mano che venivano apportate modifiche di forma al modello, il gruppo di lavoro tagliava una nuova parte, risparmiando tempo.

Un approccio ibrido

Il Consiglio scientifico del Giappone sta proponendo un approccio con “ascensore spaziale ibrido”, che consiste nello sviluppare in contemporanea un’idea che sia costruita da terra e una che sia costruita dallo spazio. Il Dipartimento di Ingegneria meccanica di precisione sta facendo progressi nello sviluppo del climber a terra, favorendo, al contempo, la ricerca per la costruzione dell’ascensore spaziale nello spazio.

Inoltre, un progetto sviluppato congiuntamente tra l’Università di Shizuoka e la Obayashi Corporation, chiamato STARS-Me (Space Tethered Autonomous Robotics Satellite-Mini elevator, ossia Mini-ascensore satellitare spaziale autonomo robotizzato guidato con cavo) si basa sul movimento di un piccolo climber su un cavo che collega due CubeSats (piccoli satelliti). Il Laboratorio Aoki si è fatto carico del meccanismo di svolgimento del cavo e dello sviluppo del progetto del climber.

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Illustrazione del nuovo progetto del sistema per ascensore spaziale della Obayashi Corporation, che sarà costruito entro il 2050. Per gentile concessione di Obayashi Corporation.

Siccome questo è un territorio inesplorato, oltre alla tecnologia che circonda l’ascensore spaziale ci sono problemi che devono essere risolti prima del lancio, il che potrebbe avvenire in un futuro non troppo lontano.

“Non abbiamo ancora il modo di rispondere adeguatamente ai problemi legali e di sicurezza legati a minacce come il terrorismo”, spiega Aoki. “Con il progredire del progetto dovremo obbligatoriamente trattare tali aspetti difficili. Ma se saremo capaci di risolverli e se altre aziende ci forniranno il proprio supporto, credo che negli anni 2030 potrà essere completamente in funzione un ascensore spaziale per il trasporto di merci”.

Informazioni sull'autore

Yasuo Matsunaka è un tastierista, appassionato di film di fantascienza, editor di Redshift Japan e content marketing manager presso Autodesk Japan.

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